Sunday 18 November 2018

"Ti amo come scrivevano i poeti"


Quel inaspettato bagliore che fa fermare il tempo. 
Quegli istanti sopsesi dove vedo la sua sagoma da lontano, fare le scale mobile, discendere. 
Discende a me, quel corpo fin troppo distante e intoccabile, ora respira la mia stessa aria e si sta avvicinando. 
Incredibile.
Le particelle intorno decidono di condederci il potere della sospensione. 
Arriva e accolgo tra le mie braccia come un bimbo accoglie il regalo di Natale, la magia.
Tocco, annuso, respiro, scruto, accarezzo.
E’ tutto vero, accade l’irrealizzabile.
Accade il sogno.

E poi ecco, insaziabile verità.
Sarà reale, questa felicità?
Che vuol dire tenere tra le braccia un sogno che è prevalentemente lontano?
Che significa poter toccare un amore tangibile?
Tocca dei nervi sensoriali arrugginiti.
Cos’è, che sto davvero provando?

Dopo pochi metri soffoco di una gioia senza limiti.
Stringo la sua mano, e sento il cuore pulsare, e il suo respiro crea vapore acqueo;
E’ reale; e una volta che apre quella sua bocca per sorridere, io rinasco.
Allora capisco cos’è, che provo.
Confusa, ma lo capisco.
L’incapacità di credere che ciò che scrivevano i poeti era vero.
Dipingersi un amore, è ben diverso che averlo davanti.
E ho scoperto che a me piace la materia organica.
Con lui ho scoperto che i sogni sono palpabili e fa una paura surreale quando ce gli hai davanti.
Poi respiri e capisci; l’amore ti confonde, ma ti ricompone.
E quando ti rimette insieme i pezzi, senti che sei al posto giusto.

Il posto giusto:
Tra le sue braccia e mille strati di lana per coprirci dal freddo.
Tra l’incrocio delle sue mani, davanti alla sua telecamera, nei testi della sue canzoni preferite, nei suoi scatti fotografici, nei suoi scritti, nei suoi sguardi, nelle sua incertezze, nei suoi silenzi.
Il posto giusto; ovunque faccia almeno l’eco del suo nome, porti il suo profumo.

Rivederlo è stato sogno lucido.
Rivederlo è stato accorgermi di essere salva; di non essere solo viva, ma pulsante.
Rivederlo è stata la rivelazione di un amore con forme nuove ad ogni capitolo di storia nostra. E’ stato il salto nell’ignoto avendo però un cuore conosciuto al fianco.
Rivederlo è stata la Cura al grigio che fa da tumore al mondo: Insicurezza, monotonia, manzanca di sogni, repressione e piattume. 
Rivederlo è stato il post-it che ricorda un mondo più vincente.

Lei onda in piena, lui oceano che l’accoglie. Lei tavola imbandita, lui condimento e luce soffusa.


E poi se ne andò, partì.
“La fuga”, “Escape”; si decise di chiamarla così.
Il freddo soffia sui nostri cuori palpitanti.
E siamo eppure ancora così vicini, per poco.
Poi una coda; in attessa di un viaggio amaro.
Lo bacio sulla fronte, e vedo in lontanaza i fari di Caronte.
Macchè, Dante lasciamolo da parte.
Rifaccio.

Lo bacio sulla fronte, e vedo in lontananza i fari dell’autobus che lo porterà via.
Lo bacio, sulla fronte, ancora.
Comincio una lista premurosa che ossessivamente non fermo per celare il nodo enorme alla gola che a poco esplode in mille pezzi.
E quindi, vado di lista.
“Scrivimi, stai attento, riposati.”
“Scivimi.”
“Stai attento.”
“Riposati.”

Trattengo fino all’ultimo respiro, quel nodo.
Quel nodo che tempestivo mi ha invaso.
Quindi a passettini lenti la coda procede.
Andiamo di baci, io e lui. Si sa: il bacio dell’Arrivederci.
Che sa di tabacco, amaretto e cibo malesiano.
Lo bacio, ricordandomi all’infinito il suo sapore.

E poi ecco, so che devo resistere ancora per un pochino, un millessimo di secondo.
Sorridi, devi sorridere.
Lui sale, si gira verso di me.
Il nodo sta per scoppiare.
Si gira una seconda volta, e voglio continuare a sorridergli.
VOGLIO SORRIDERGLI.
Vorrei che l’ultima immagine di me girandosi, sia il mio sorriso.
Si gira, una terza ed ultima volta, e  gli sfumo lo sguardo più pregno d’amore, a quel viso che è la mia salvezza.
Andato. 
Le danze si chiudono.

I piedi strofinano l’asfalto, con rassegnazione e sorriso spezzato.
Ci sono io, il gelo, i pugni stretti nelle tasche e lui che sfuma via.
Perchè è così che succede. Ci si crogiola in una malinconia incontenibile.
Però poi, le danze non si chiudono mai per davvero;
Ci si ricorda che si sopravvive a quel dolore, proprio perchè si muore dalla voglia di ritornare tra quelle braccia, per altre folli fughe.
L’amore è una sberla. Una sberla che ti rende una persona migliore; la persona che vuoi diventare.
Come mi disse lui una volta “Ti amo come scrivevano i poeti”.
Quindi, loro avevano ragione. 
Forse noi, ai poeti, aggiungiamo la verità tangibile della felicità.

Saturday 10 November 2018

Il viaggio

E quando dici che la vita è un viaggio, ma dai di cosa stiamo parlando. Del treno che passa e tu aspetti ore e neanche ci sali; oppure dell’aereo costretta a prendere, avanti e indietro, in cerca di cosa, la felicità.
La vita è un viaggio, ma allora spiegami perché esistono radici, cortecce, rami e stabilità.
Un viaggio, ma che viaggio; che poi la valigia è sempre da disfare, i capelli spettinati e che poi anche i soldi da calcolare, finiscono poi arrivano li rincorri e poi non importano.
La vita è un viaggio e non c’è mai spazio per cuori grandi e lacrimoni, oppure accetti la sfida e un po’ muori, ma poi rinasci.
Se la vita allora è quel grande viaggio di cui si parla, piove sempre cazzo e non hai mai le scarpe giuste, poi hai l’amico ,ti passa il tuo vecchio paio di scarponi, e allora ti ricordi di averceli sempre avuti, nella cassetto che dimentichi ogni volta di aprire.
E allora in viaggio, perché no, tipo per sempre.

Wednesday 29 August 2018

Corda

Incorniciato dall’amaro non-compimento delle cose.
Dalla frustrazione dell’incastro non allineato.
Ma io, di allineato, ci vedo moltissimo.
In ogni gesto inculsuto cerco il tuo sguardo, la tua complicità, il tuo riparo.
In ogni attimo che sembra scentrato e avverso, io ci vedo lotta felice, per ciò che sento di più forte. 
Siamo noi, i Pianeti allineati in un mondo stortissimo; 
Ecco, ora ci trovo giustizia.

Perchè noi non siamo forzatura, non siamo artefatti, non siamo finzione o compiacimento.
Noi siamo Reali, e Giusti.
Più giusti del gelato ad Agosto, più dell’anguria sul divano, più della sigaretta sulle scale, più dei baci del buongiorno, più dei parcheggi in curva o del Mojito giapponese.
C’è così tanto Giusto, che quasi mi convince che oggi sul mostro vinco io.
Il Mostro del “Eh ma lui ora non c’è”, “ non vedrà questo”, “non può assaggiare, odorare, toccare questa cosa”.

Mi accorgo allora che addomesticare il Mostro signica proprio mandare giù quell’amaro che mi porta sconforto, e credere che gli eventi abbiano logica e ragione d’essere.
Non sei qui, le chiamate non sono Come vorremmo, i nostril corpi non sono Dove vorremmo; eppure la Corda tiene.

La Corda tiene.
La Corda, tiene.
Il cuore in poppa.
E quindi?
E quindi è questione di fiducia degli eventi.
Di ciò che non avviene ora, proprio perchè avverrà dopo; e chissà, ancora meglio.

Alla fine non era vero niente; o meglio, c’era di più.

Ore 2.21, notte.
Alla fine non era vero niente.
Non era vera l’inalterazione nonostante il tutto, il “finchè non ci fosse un domani”; perchè oggi è già “domani” e sto cercando di farmi spazio tra le lacrime, come in un labirinto. 
Quel Domani, che allora io ritengo il falso. Il Domani, che invano, selezionavo come il felice ignoto.
E quindi, alla fine, non era vero niente. 
Non era vera la forte indipendenza dal tuo odore di cui le mie narici fanno armonia, il potermi distaccare da quei tuoi occhi di cui vorrei poterne catturare la luce e riservarla per le mie giornate grigie. 
Non era vero che l’amore vince sul dolore.Mi brucia il petto e piango da accartocciare gli occhi.
I mostri mi assalgono prepotenti e quindi io gli credo; credo che “alla fine non era vero niente”.

Voglio sprofondare nel dolore di non averti qui, nella falsa consapevolezza di poter morire d’amore, passarci dentro fino al midollo; Poi, la voragine ti porta il Nuovo. 
Ritrovare spazio tra i nuvoloni, e con gli occhi che bruciano, credere ancora una volta in qualcosa di diverso:Credere che il dolore possa ingannarti e farti credere di poter vincere; purtroppo (per fortuna) però, io non sono stata programmata e stata messa al mondo per credere a tale fatto.
È così facile il convolgimento del Demone, rimanere cementificati nel dolore; ma io so che non può finire lì, so che non può terminare tutto con la disperazione.E lo sento solo quando ci vedo una scommessa su cui posso “vincere”.

Vinco quando riesci ad addormentarti con il sorriso in giro per l’Europa. 
Vinco quando guardi la Luna e hai fiducia dello stesso cielo.
Vinco quando riesci a piacerti.
Vinco quando incontri te stesso attraverso me.
Vinco quando hai voglia di divorare il mondo con leggera consapevolezza.
Vinco quando vedo ogni giorno il capolavoro etereo che sei.
Che poi la vittoria, in realtà, siamo noi.

Ma al posto che perdermi (facilmente) in dolci fantasticherie romantiche, volevo parlarti delle lenti gialle. Lenti che dopo il nero che i miei occhi in maniera innata vogliono farmi vedere, io con pupille ancora appannate, metto su un paio di lenti nuove.
Le Lenti Gialle che, dopo le tempeste, portano Scommesse Felici e Progetti del Coraggio.

Tu sei la mia Scommessa Felice, il mio Progetto del Coraggio;
La novità nel “già vissuto”.
La voglia di prendere i Mostri, a morsi.
Sei il desiderio di Conquista e Cura. 
Sei il giro in Scandinavia, avventura sui Balcani. I geyser dell’Islanda, la Grande Mela o la terra dei Tribalistas, la tua.

Io e te sul mio screensaver; tu che sorridi con il gusto Anice sei la rincorsa sulla pista da ballo.E io con te, vorrei ballare tantissimo, danze sempre differenti.So che sarebbe la ricerca della famosa “esperienza mistica e terrena” del nostro amico Jovanotti.E io, del Jova, voglio fidarmi di brutto.

Wednesday 4 April 2018

Le anime
approffittano
della gravità
rivoluzionaria.
Il tempo a spicchi,
i volti inclinati,
i telefoni a testa
in giù,
i corpi nudi.
L'inclinazione degli sguardi, il bacino
che si modella sulle superfici longilinee.
Poi piango,
perchè gli incontri
ti segregano il cuore
dal petto.
Per le esasperazioni
le doghe arrugginite
e le voglie insoddisfatte.
Le nubi che si afftrettano
a portare disordine,
e a combinare l'inaspettato;
l'immeritevole
effetto
del vibrante
giovane,
amore perverso
e irrequieto,
irriparabilmente
romantico.

Tuesday 3 April 2018

1st March 2018

Drawing of "Mirtle"
There will always be a place for our souls;
to come back and feel safe,
and then getting ready to step out again;
and it'll be always about this:
safe lines
and uncertain magic dimensions.

With love,
Rebecca

Monday 19 February 2018

Poetry happens even in the middle of the street.


Taipei is being revealing; more correctly, the frame of the revelation.
My day has been full of warmth since I opened my eyes until I've closed them.
I felt magic in the 26 degrees this city gifted me , in cleaning this big empty and pure house, in the soft blow of the air surrounding my figure.
I put my hot green tea in my flask and my day took the right speed.
I have already had in mind which kind of cloth would have touched my skin today.
I wanted comfort and elegance; like a random painter I put some color on my eyes, and that's where magic intensified.
The music coming from my phone never abandoned this narration and somehow it was the load-bearing of my day.
I just felt so much purity in it, as something that happened to you without any expectations, and suddenly you are endlessly grateful and you want to have an active role in it.
Every day, I am trying to portray the new page of my narration, and today I felt honey helping me to write smoother.
Often we have this unbearable pressure of having the lead.
Today I felt like a bright energy decided to bring me trusting her.
So, this was it, trusting something bigger, and renouncing for once your monsters.
I (almost) ended my day walking on the street with a Merlot's bottle in my hand as a present for a friend and again, life surprised me: a little girl holding with fierce some sparklers , and masterly moving them in the air with circle's movements.
I found it of an extreme magic; letting the energy pass through you, in order to be able to draw your story.
Poetry happens even in the middle of the street.

Tuesday 13 February 2018

Anche senza un titolo.

Pretendere di stare ancorati ad una piattaforma, l'incessante bisogno di una catena spessa, che in qualche modo inconscio sblocchi il flusso.
L'attitudine indistruttibile di stare seduta da una sola parte della panchina, a fissare solo un pezzo del meraviglioso panorama di fronte a te.
La tenacia fatta di pasta brisèe, che pensi di durare invece come un fiammifero ti assopisci alla potenza che è la vita.
Per l'ostinazione di poter esprimere il Tutto, nel Subito.
L'incontinenza di volere essere tante cose, ma in una forma sola.
Quando si smetterà di combattere questa guerra contro i fantasmi?
Vorrei vivere senza la pretesa di un fine, senza la pressione delle righe rette; mi piacerebbe un terreno malleabile, senza il nevrotismo dietro allo smalto delle unghie sbeccato.
Vorrei il petto più leggero a pensarmi indefinita e poco omogenea, piena del tutto, senza identificarmi in sagome particolari.
Mi piacerebbero moltissimo occhiali dalle lenti "concezione a diapositiva".
L'accettazione di un'essenza a macchie, il volere abbandonare ogni bisogno di avere una massa: avere una massa significherebbe pressocchè avere un peso, forma e dimensione.
Spesso vorrei essere esente da ciò che mi permette di dare peso all'essenza.
Lasciare decantare, decodificare, per poi ripristinare.
Ricordarsi l'inno della propria narrazione, e riprendere a decorare la novella che avevamo lasciato in sospeso.
Ricorda: stare ferma, solo per prendere meglio la mira.

Tuesday 6 February 2018

Genuina incantevolezza.

Disegno di Rachel Miles

"Santo il vizio della lotta,
quello del desiderare.
Santo stare immobile,
anche se non serve a niente.
Santo il mio volere,
anche se nessuno sente,
sacrosanto chiedere il mio posto ad alta voce,
sacrosanto chiedere il mio posto ad alta voce.
Senza peso, infilata nel cielo,
o schiantata, schiantata per terra (...)"
Sarah Stride -"Schianto"

Piove su di me la ricorrenza più importante: l'appuntamento con me stessa.
Come quando l'aria si fa contorta, tu custodisciti come una scatola di cartone sotto la pioggia, tra le tue stesse mani.
Brama la tua salvezza, che consiste nell'espressione della tua volontà.
Sì, sia fatta la tua volontà.
Quella che con rigidità soffochi, diseredi, fai estranea.

Quando il silezio sordo vuole vincere, scegli l'espressione.
Esprimi per riprendere il respiro costante e fluido, per ritornare a guardarti allo specchio e sentirti ancora appartenere a quell'immagine lì.
Esprimi per ricordarti la tua forma, ed essere sicura di potertene ricordare sempre.
Esprimi per dare voce alle immagini che vibrano in te senza corde vocali, e a volte anche alzare il volume; meglio vetri rotti che muri insonorizzati.

Esprimiti, spremiti, sconvolgiti, rivoltati (anche per tutte quelle volte che non hai rivoltato quei jeans).
Ricalca i contorni, che come tatuaggi fatti a 16 anni si sbiadiscono, cazzo.
Se hai bisogno, sbavali anche quei contorni; meglio spessi e indefiniti, perchè l'indefinito si definisce con il tempo quindi aspetta dannazione, prima la bozza poi vai di edit, piano piano.

Esprimiti per delineare una collocazione, così da lasciarti aperta e libera di accogliere lo straniero.
Più manifesti la tua sagoma, più l'interazione con il globo si ossigena, e le scelte avvengono con il sorriso.

Riprendi il passo, e ricalcalo, danzando sulle orme.


Il te con il latte.


La dolcezza che ha la forma triangolare.
Non percepisco gli spigoli, quindi ritengo sia una triangolarità un pò unica.

Sento il dolce perchè oggi la scelta di se stessi mi si è stata presentata su un piattino tondo tondo.
Sento il dolce nell'amarezza di un pomeriggio dove la testa pesa troppo; al posto che farla cadere, 
te con il latte come paracadute.
Sento la dolcezza nell'isolamento sano, quello sotto le luci soffuse della caffetteria, quelle che ti proteggono in una vastità di pericoli.
Sento la dolcezza nella lontananza dei volti amici, che i chilometri come eco ti ricordano i valori per i quali ancora ti alzi ogni mattina.
Sento la dolcezza, nel sapore del te con il latte, ancora una volta che è esattamente come me lo faceva mia nonna, ed eppure così diverso.
Lei ci metteva il suo, ed eppure non ho mai capito cosa lo rendesse così dannatamente unico, quasi da darmi sui nervi, quell'unicità.
Mi ritrovo in una caffetteria nella periferia di Taipei a rintanarmi in quella familiare unicità.

Sento la dolcezza nell'esigenza del dovermi raccontare, nascondendomi dietro forme, colori e parole, maschere contro l'invecchiamento.
Sento la dolcezza, anche quando è amara, anche quando è scomoda, anche quando vien voglia di aggiungere più sale, o allungare con l'acqua.
Sento la dolcezza, perchè è quella che mi salva, perchè è quella che spezza il cuore, e poi rigenera con cellule nuove.