Monday 9 November 2020

Mondo pazzo


Sento la sirena dell'ambulanza suonare almeno 3 volte al giorno. Sicuramente è molto più di quanto sento le campane suonare nel mio paese. All'inizio non ci fai caso. Pensi: ci sarà qualche anzianetta che non si è controllata la pressione, un quindicenne generoso con i grammi di cannabis, una cinquantenne che pensa che la glicemia sia la sorella di pandemia, e quindi tracollo. Poi mi rendo conto che la sento un pò troppo spesso, questa sirena. è diventato un suono che intorpidisce. Prendo la macchina e attraverso la città. Ma dove vuoi andare? Ma stai a casa, ma stai fermo. Avvicinarsi crea repulsione. Ma quando mai? Da quando siamo diventati tutti dei mostri inavvicinabili? L'era dell'isolamento. 


Ecco perché;
Nessuno mi aveva avvisato. Tutto ad un tratto, il mondo è pazzo. 
Il mondo si rinnova ciclicamente, è vero. Quando avevo 9 anni, il mondo era ovattato e mi piacevano i cerchietti. A 15 mi sembrava di avere delle tette grossissime e spendevo sicuramente troppo tempo a truccarmi. A 16 volevo morire. A 19 ho imparato a stare da sola sul globo. Quindi ci sta; il mondo, il mondo di ognuno di noi, cambia sempre, e meno male. Questa volta il mondo ha solo deciso di dare fuoco ad ogni suo neurone e prendere una strada completamente priva di pavimentazione e segnali stradali. Quindi vale tutto? Ok. 


Allora vorrei che tutti i negozi avessero il pavimento giallo e vendessero ravioli cinesi all'entrata. Vorrei sentire per le strade musica anni 80 e fermarmi a sostare su grandi letti matrimoniali con scimmiette che mi cantano la ninna nanna. Vorrei che i capi di lavoro ti chiedessero se stai bene. Vorrei che esistessero delle ciminiere azzurro turchino per le brutte persone. Vorrei che i padri si prendessero cura dei propri figli senza farne degli altri. Vorrei che dal soffitto pendessero biscotti al cioccolato quando qualcuno impreca dietro un telefono. Vorrei vedere un novantenne obsoleto che raccoglie i cachi aiutato dai bimbi della famiglia musulmana davanti a casa mia. Vorrei vedere meno bici rubate e più sagre della porchetta. Mi piacerebbe trovare delle casette per i cuori spezzati e degli uccellini che con il loro becco li ricuciono insieme. Mi piacerebbe che il capo di ogni stato si mettesse a dipingere un arcobaleno e si accorgesse che esiste più di un colore. Vorrei poter vedere il coraggio uscire dagli uomini razzisti nel dire "sono infelice". Vorrei vedere un prete andare ad annaffiare l'orto con suo cugino che si sta per sposare con un uomo. Mi piacerebbe che a natale la gente smettesse di essere ingorda. Mi piacerebbe vedere una ragazza vestirsi con gli occhi bendati e sperare che allo specchio lei possa sorridere comunque. Vorrei che le persone di colore si concedessero di avere paura dell'altro, senza che sia il contrario. Vorrei che tutti leggessero più libri di antropologia. Vorrei poter guardare un film senza avere l'ansia che gli attori non indossino la mascherina. Vorrei che le persone non avessero paura di non sapere dove appartenere. Mi piacerebbe poter amare senza che i miei traumi facciano lo sgambetto anche all'altro. Mi piacerebbe dire ai nonni di tutto il mondo "grazie di tutto questo, va benissimo così". Vorrei che i maggiordomi nei film siano bianchi. Sarebbe bellissimo vedere un ragazzo insegnare ad una bimba come si mette il mascara sugli occhi. Vorrei che le religioni fossero state create per essere felici. Mi piacerebbe vedere le mani toccarsi, i corpi sudare vicini. Vorrei che non esistessero più i soldi, ma si scambiasse tutto con ricette mediche. Del tipo "questo divano costa una ricetta per l'imodium" "No mi spiace costa troppo, ho solo una prescrizione per le gocce omeopatiche". Vorrei vedere le persone che si spalmano la crema delle mani senza pensare che quello sia disinfettante. Ho il cervello così igienizzato che potrebbe diventare una sala parto. Vorrei che ogni madre regalasse ad ogni figlia il manuale della libertà. Mi piacerebbe che crescere un figlio maschio dia un senso di responsabilità e cambiamento non da poco. Vorrei che il "diverso" sia un arricchimento impagabile. Mi piacerebbe vedere le persone mangiare insieme senza dover parlare per forza. Vorrei che tutte le donne urlassero a squarciagola "sono abbastanza" e appendessero sopra il letto del proprio padre una bandiera bianca.


Mondo pazzo, volevo dirti anche un ultima cosa: Sono stanca di calcolare i centimetri che mi separano da te, chiunque tu sia. Sono arrabbiata. Sono triste. E quando sono felice, mi fa così strano che quasi mi sento in colpa.


Poi mi ricordo di una cosa, mio caro mondo pazzo; forse quella pazza sono io, e questo è solo uno stupidissimo scompartimento della mia cartella clinica. Però che buffo sarebbe, se tu fossi pazzo per davvero.

Wednesday 5 August 2020

La mia forte debolezza.

Quella che mi fa fermare sempre al mio baretto all'angolo con Coni Zugna. Quella che mi traina avanti anche quando il giudizio mi rallenta.

La forte debolezza che mi fa fermare per un cornetto prosciutto e fontina e spremuta.

Scusa, torno tra un’oretta ma prima pausa merenda.

La mia forte debolezza, quella che spanna i vetri dalla paura e dall’incompiutezza.

Quella che l’compiutezza l’ha sposata alla nascita. 

La forte debolezza, che alla fine la mia dottoressa l’ha sempre saputo che era il mio nome di battesimo.

La forte debolezza è una cazzutissima spina nel fianco, esattamente come i primi giorni di ciclo al mare. 

Pensavo anche, che la forte debolezza fa da ossimoro alla grande bellezza. Chissà cosa ne pensa Sorrentino. 

È proprio quando mi siedo, e guardo i tram incrociarsi gli sguardi, che capisco che stronzo non è sinonimo di forte, ed essere feriti sinonimo di debole. 

Ma chissà perché tutta questa grande rottura di coglioni a ventitré anni. 

L’ansia mi fa afa.

Il giudizio mi appanna i retrovisori. 

E comunque, mi dimentico sempre che nei retrovisori la gente mi supera sempre, ma io non prendo multe. 

Saturday 25 April 2020

Il mio posto.

Il mio posto sono io. 
22 anni e 3/4, e forse l’ho capito. 
Incubi e scenari apocatillici all'idea di non appartenere. Non appartenere. Quasi a volere dire che l'idea di appartenenza sia paragonabile all'idea di fisicità. Fisicità di un luogo, di una persona. Un pò possessivo, non credi? "Il mio posto è dove io penso che sia" mi disse il maestro. Non esiste "casa mia" per eccellenza. Ora, più che mai. In qualunque posto nel mondo che per circostanza o scelta tu sia, quella è casa.

Il mio posto è la mia pelle.
Che si allagra e restringe a seconda della necessità. La mia pelle che cambia colore, che mi protegge, scudo indistruttibile che filtra la luce.
Il mio posto, sono le mie braccia. Le mie adoratissime braccia. Con i loro muscoletti affusolati mi fanno afferrare, raccogliere, sostenere, tirare, allentare, scansare. I gesti di salvezza.
Il mio posto è la mia sacrissima pancia. Dovrei in realtà dedicare un'intera ode alla mia pancia. Colei che protegge e costude ogni mia emozione, campanello d'allarme delle eruzioni. La mia pancia in cui risiedono le cose belle, quelle di cui poter festeggiare. Ed ecco, la mia pancia è una festa.
Il mio posto sono le mie anche, che rotonde accolgono, si muovono per non dimenticarsi il ritmo del cuore. Assorbono le emozioni e mi ricordano di lasciarmi andare ed essere meno pretenziosa.
Il mio posto sono le mie amate gambe. Ovunque nel globo io sia, mi ci hanno portato le mie gambe. Mi hanno insegnato che si va avanti, non verso l'altro. Mi hanno detto che se voglio posso fermarmi. Per quanto voglio, dove desidero. Mi hanno anche ricordato che muovermi è un sacro piacere, non uno sterile dovere. Le mie gambe, mi permettono di ballare senza pietà nè pudore. La mia goduria.
Il mio posto, sono le mie ossa. Lo scheletro sostenitore e protettore. Le mie ossa che ribadiscono le mie forme, che disegnano la mia struttura.
Il mio posto sono i miei occhi. Che raccolgono e analizzano. Che ammirano e celebrano. I miei occhi sono il mio posto perchè accolgono i dettagli per me essentiali. I miei occhi che ancora adesso mi insegnano la differenza tra bello, e bello.
Il mio posto lo decido io, e nessun altro. Dannato sia il giudizio. Dannato sia il pudore.


Dove il mio corpo esiste, esisto io.
Generatrice  di tutto l’amore che ho per lui. Regina dell’energia che gli permette di muoversi. Padrona della bellezza che lo reside e ammiratrice delle sue potenzialità.
Per sempre grata, del mio corpo, il mio posto.

Saturday 15 February 2020

Festeggia con il tuo corpo.

Ieri era San Valentino.
Ho letto un post che diceva "Caro corpo, vuoi essere il mio Valentino?" con annessa descrizione: "festeggia con il tuo corpo, con lui che c'e' sempre stato, e perche' no, fategli un regalo".
Ci penso, e nonostante la ridicolezza di sottofondo che sento verso San Valentino, sorrido, mi guardo le cosce, e mi dico, perche' no.
Apro Asos, clicco sulla sezione "jeans".
Cerco, scrollo, non sono convinta, assolutamente non sono convinta.
Chiudo il sito, guardo le mie cosce, e le dico "magari un altra volta".
Stamattina mi sveglio, un po' affranta per la serata che non e' stata una celebrazione come avrei voluto. 
Penso, ripenso.
Prendo in mano un paio di forbici.
Guardo tra i miei scaffali, e tiro fuori un paio di jeans presi non molto tempo fa. Mi piacciono moltissimo: il colore, la consistenza, la forma. Mi fanno sentire una strafiga anni '70. Non li metto da un sacco, un po' come quelle duemila cose inutili che prendi solo per colmarti il vuoto dentro.
Non li indosso da un po' anche perche' strisciano per terra, sono troppo lunghi. Non mi ritengo cosi' bassa, ma quei jeans mi fanno sentire un bassotto.
Prendo le forbici, prendo le misure, prendo coraggio.
Sara' una cazzata, io lo so.
Taglio, stortissima, e infine li riprovo su.
Non mi sento piu' un bassotto.
Ed ho risparmiato £20 per un ennesimo paio di soddisfazione temporanea.
Mi piacciono,un casino. 
Ho tagliato, cambiato forma, tolto l'inutile, accontentato le mie cosce.
Dacci un taglio.
Dacci un taglio a tutte le storie che ti racconti.
Non sono vere, non sono interessanti, sono vecchie e puzzano di muffa.
Dacci un taglio a tutte quelle volte che pensi che ne valga la pena.
Se piangi ancora, non ne vale la pena.
Dacci un taglio, a tutte quelle energie spese per costruire una casa sulle sabbie mobili.
Cambia terreno, cambia mattoni, cambia cemento.
Dacci un taglio, a credere che le persone possano essere controllate, e che le situazioni possano cambiare dopo la 102esima volta che ci riprovi.
Dacci un taglio, ad annoiarti la vita.
Prendi in mano un paio di forbici, e decidi tu che forma dare ai tuoi jeans.
Le tue cosce saranno sempre riconoscenti.
Il tuo cuore, ancora di piu'.